LETTERA APERTA SULL’ANTIFASCISMO DI FINI
Ci sono questioni sulle quali intervenire si deve, non tanto per distinguo o supposta chiarezza, quanto perché se non lo fai, la giacca ti viene tirata fino all·atomizzazione della più minima piega. Questioni, appunto, come questa: le dichiarazioni dell·attuale Presidente della Camera on. Gianfranco Fini, sulla cui importanza per noi missini della Fiamma Tricolore dubito, ma che dovrebbero invece avere cogente rilevanza per chi ha sostenuto e sostiene l·on. Gianfranco Fini.
Moderatissimo per carità!
Moderatissimo in proposito voglio rimanere, perché certe questioni oggi - intendo nella politica dell·oggi e del domani -, dovrebbero, per serietà e rispetto nei confronti dei connazionali, non precedere l·analisi dei problemi e le soluzioni da prospettare agli stessi, ma rimanere nell·ambito del dibattito e confronto storico: serio e possibilmente scientifico, contestualizzato e oggettivo, come ha fatto il cursus studiorum di De Felice e di altri, suo allievi o meno (lo ha ricordato il Presidente emerito Cossiga dalle pagine del ‘Corriere della Sera’ del 15 settembre, pag. 9).
Non capisco francamente perché le dichiarazioni del Presidente della Camera - peraltro ulteriori e confirmatorie di quanto già precedentemente dichiarato in più occasioni -, abbiano creato tanto stupore e indignazione in chi ha condiviso le scelte fin qui operate dall·on. Fini e AN dal 1995 in poi, figuratevi se posso capire perché fomentino tanto sconcerto in quanti hanno, invece, fatto la "nostra" scelta.
Anzi, vorrei approfittare per chiarire, anche ai "nostri" alla bisogna, ancora una volta il senso della "nostra scelta", che non fu e non deve essere nostalgica tout court, ma fu ed é continuista del progetto politico missino (certo per quanto relativo a ciò che intendiamo per sistema valoriale, uomo e Stato, relazioni sociali, ruolo e funzioni nella società, economia e lavoro etc. etc.), progetto nato alla luce di un vasto complesso che affonda le radici in diverse, articolate sensibilità e movimenti politicoculturali che lo hanno preceduto, da quando l·uomo ha abbandonato l·orda per organizzarsi in società, dall·antichità classica alla nascita degli Stati nazionali e così via fino al movimento fascista.
Il Presidente Fini - scolpitelo indelebilmente nella zucca -, é Presidente della Camera come lo é stato fino a pochi mesi fa l·on. Bertinotti e, meglio di quest·ultimo, é il più coerente di tutti, fuori e all·interno di AN, in tema di antifascismo e direi, stando all·esperienza politica post bellica che molti di noi hanno condiviso, più esplicitamente antimissino.
Egli, e non da ora, si candida a rappresentare la maggioranza degli italiani di oggi (forse anche oltre la maggioranza...); oggi é Presidente della Camera dei Deputati e domani vorrebbe forse essere Presidente del Consiglio o chissà, della Repubblica. Per questo aveva e ha di fronte due scelte per perseguire l·obiettivo e la sua "visione olistica": condividere i sentimenti dei cittadini italiani in ragione strettamente democratica (ovvero, la summa dei voti degli animali della fattoria é quantitativamente superiore a quella del fattore), oppure orientare la sua azione ad un tipo diverso di democrazia (quella organica) e quindi affrontare il lunghissimo ed incerto ed impervio percorso della predicazione ad una maggioranza dell·oggi che non conosce, o pregiudizialmente non vuole conoscere, altre visioni della vita e dei rapporti tra gli uomini e che così pure non vuole scientificamente valutare l·articolato dipanarsi, con le sue eccelse positività e con i suoi gravissimi errori, di una vicenda storica, culturale e politica che ha coinvolto, affatto supinamente direi e anche coercito (in vero assai meno di altri sistemi e regimi coevi e postumi del secolo XX), per oltre un ventennio un·altra maggioranza di italiani.
Ognuno ha coraggio, quel coraggio manzoniano che alcuni "possono darsi" e altri no. Il Presidente della Camera non é solo un abile ed intelligente politico, lo riconosco e apprezzo pur non condividendo granché della sua azione politica, gli va dato atto, e insieme a lui a gran parte della dirigenza e militanza di AN, del coraggio che ha dimostrato in questi anni nel ribaltare quasi completamente il progetto politico del fu MSI. Poco importa del perché lo abbia fatto, se per convinzione o convenienza, lo ha fatto, anzi lo hanno fatto, cercando la via veloce e semplice per dare al nuovo Partito la possibilità di "contare", di "partecipare" ai più alti livelli delle istituzioni. Bontà sua ha funzionato, ma a quali costi?
Al coraggio di cambiare (vai a vedere se evolversi o, come crediamo in diversi, involversi nel conservatorismo liberale), ha dovuto aggiungere il coraggio massimo, che non é quello di cambiare un progetto politico se lo si considera esaurito, ma di dire "mio padre ha sbagliato"; senza alcuna attenuante il Presidente della Camera ha sentenziato che chi ha scelto la RSI rappresenta il male assoluto e nulla proprio nulla di quanto ha riguardato governo e storia patria tra 1922 e 1945 (e ovviamente chi ne abbia raccolto una qualche eredità), può essere apprezzato.
Se non fossero dichiarazioni così importanti verrebbe da ironizzare: meglio le anofele che la bonifica littoria!.
Io non ho il coraggio di dare a mio padre del complice criminale o del fesso, solo perché a meno di vent·anni volle impegnarsi nella disperata difesa di un sistema (l·unico fra l·altro, che avesse mai conosciuto) e sull·onda di sentimenti che sembravano assai più diffusi e condivisi dal suo popolo di quanto il colpo di Stato di luglio non riuscisse a spiegare. Ed ingiusto e in malafede, é chi semplicisticamente diffonde sugli "italiani sconfitti" responsabilità di atti criminosi ed eccidi, violenze di una guerra terribile che con fatti orribili ha riguardato proprio tutti e di cui, fra l·altro ragionevolmente, proprio la maggioranza dei "ragazzi di Salò" erano all·oscuro. Io rimango, impressionato da come il Presidente Fini, se vuole essere presidente di "quasi tutti" gli italiani, non ha cercato l·opportunità per ottenere altrettanta eco sulla stampa condannando crimini ancor più spaventosi e diffusi del dopoguerra, tanto orrendi da consigliare pure al grande capo dei comunisti Togliatti un·urgente soluzione di continuità.
E se ai tanti dello ieri e dell·oggi, da Paolo Spriano, Giampiero Carocci, da Delio Cantimori ad Asor Rosa, ai giornalisti come Gian Antonio Stella (non so se avete perso un suo intervento, sempre sul CDS a seguire le dichiarazioni del ministro La Russa), o Valentino Parlato, a tanti altri italianissimi "uomini di cultura" (non voglio neanche considerare, quanto ad opportunità di obiettiva analisi, faziosi ed esponenti di Partiti), qualcuno chiedesse di spiegare: perché mio padre é stato peggiore dei militanti della Volante Rossa, perché va rinnegato, perché maledetto? Perché a tanti decenni di distanza, accettate e interpretate, spesso meglio di altri anche le regole della democrazia dei vincitori, sul ricordo delle sue passioni e delle sue speranze giovanili, sul sogno di una società che superasse gli egoismi indifferenti del capitalismo e le esagerazioni del materialismo storico condite dall·orrore delle sue realizzazioni (coeve e postume), perché su un uomo che nulla ha mai chiesto di restaurare, ma solo di guardare al futuro e sperare in una pace duratura e nella fraterna collaborazione tra italiani con l·auspicio di un futuro migliore per tutti, perché su questo tipo d·uomo (e chiunque voglia con tranquillità discuterne e magari apprezzarne una parte del sentire politico, pur nell·ovvia contestualizzazione e nel senso compiuto della ancor più ovvia attualità) ignominia, ostracismo, anatema?
La risposta dei citati e purtroppo di molti altri é sempre stata la stessa, semplice e semplicistica, uguale e sterotipata, uguale a quella dell·on. Fini: "Ha combattuto dalla parte sbagliata". Troppo difficile dire: ‘’Non ha tradito".
P.S.: Ho perso mio padre che avevo 5 anni.
On. Luca Romagnoli
Eurodeputato, segretario nazionale del Movimento Sociale Fiamma Tricolore